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Sonya Hofer

Maske

ÖL auf Leinwand

2015

Jede Maske verbirgt ein Gesicht. Hinter jedem Gesicht klebt eine Maske. Zeigen wir uns also der Welt in ständiger Tarnung?   Möglicherweise wird das Selbstbildnis der Malerin  aus  diesem Blickwinkel vereinfacht deutbar.

 

Die unpersönliche, weiße Maske kann als bewusste Reduktion des Gesichtsausdruckes   erklärt werden, als absichtliche Verhüllung biografischer Hinweise, um die Aufmerksamkeit des Betrachters auf die Hauptelemente des Portraits – Augen und Mund - zwingend zu lenken. Da ist einerseits der scharfe, stechende Blick der Rationalität und, im Kontrast dazu, die erotische Sinnlichkeit der Lippen. Aber vielleicht handelt es sich um einen symbolischen Akt zum Selbstschutz, um einen Rückzieher in die abgekühlte Distanziertheit fern einer Person, der man vertraut zu sein, geglaubt hatte. 

Der Zwang des schönen Scheins treibt uns oft dazu, unser eigenes inneres Bild jenem, welche andere Menschen von uns haben, preiszugeben, obwohl wir uns dabei bewusst sind, dass wir damit unser Wesen, unsere Identität aufs Spiel setzen. Im Verhältnis zum Anderen, in sozialen und partnerschaftlichen Beziehungen, in der Liebe vor allem, wollen wir einfach gefallen oder wenigstens nicht abgewiesen werden. Dieser Wunsch ist zutiefst menschlich und berechtigt, obgleich manchmal bloßer Eitelkeit entspringend. Deshalb ist die Maske als  emblematische Metapher einer schleierhaften Atmosphäre zu deuten, die zwischen der Schwierigkeit sich selbst zu erkennen, und der Unmöglichkeit sich erkennbar zu machen, zögernd hin und her kippt. Es ist die Problematik, wenn wir so wollen, die dem Bild zugrunde liegt, nämlich die Notwendigkeit sich dem Anderen im richtigen Maße zu öffnen. Was bekanntlich immer ein Wagnis darstellt. Die Gefahr demaskiert zu werden.

Georg Demetz

Ogni maschera cela un viso. Dietro ogni viso c’è una maschera. Ci presentiamo al mondo sempre e comunque mimetizzati? Può darsi che sotto questo aspetto in  contraddizione soltanto apparente vada cercata la chiave di lettura dell’autoritratto della pittrice. 

 

La maschera bianca e impersonale appare come una riduzione mirata dell’espressione facciale per focalizzare l’osservazione sugli elementi principali del quadro che sono gli occhi e la bocca. Da un lato lo sguardo attento e perforante della razionalità e dall’altro

l’ erotismo invitante e sensuale delle labbra. Ma forse è solo un atto simbolico di autodifesa, un diniego di confidenza, una revoca tardiva di  intimità concessa in modo affrettato.

La dittatura dell’apparenza ci spinge spesso a dover camuffare il nostro vero volto per corrispondere all’immagine che altri hanno del nostro io, lo facciamo pur con la percezione   che rischiamo di sacrificare la nostra  essenza, la nostra identità. Nel rapporto personale con l’altro, nelle relazioni sociali e affettive, nell’amore soprattutto, cerchiamo semplicemente di piacere o quanto meno di non essere respinti. Questa aspirazione è umana e legittima anche se talvolta frutto di  malcelata vanità, perciò la maschera rappresenta  la metafora  emblematica  in una atmosfera ambigua che indugia tra la difficoltà di riconoscersi e l’impossibilità di farsi riconoscere:  la problematica, se vogliamo, che sta alla base del quadro, è il bisogno di aprirsi all’altro nella giusta misura. Cosa che dal punto di vista emozionale, come sappiamo, è sempre un rischio. Cioè quello di venire smascherati.

Georg Demetz

Traduzione: Barbara Hofer

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